mercoledì 19 aprile 2017

Musica tra arte e industria

Fin dalle origini del mondo, l'uomo impara ad esprimere attraverso l'uso del suo strumento vocale, come primo approccio, e poi con l'uso di strumenti musicali sempre più sofisticati, i propri sentimenti quali l'amore, la nostalgia, la sofferenza e il dolore per le privazioni o la gioia grande per i più profondi eventi felici della vita, quali un matrimonio, la nascita di un figlio o il ritorno illesi da una guerra. Agli inizi del Novecento negli Stati Uniti d'America viene prodotto un genere musicale, il jazz, creato dagli ex schiavi afroamericani che, a New Orleans, nella commistione tra popoli ed etnie diverse, creano un ritmo e degli schemi nuovi dai quali, nel corso del Novecento, nascerà la musica contemporanea. Ma anche la musica jazz, come pure le sue affiliazioni successive, come il blues e il rock n' roll, l'hip hop, il funk, il funky jazz, il rap, il country, la musica house, quella elettronica, quella multimediale, quella latinoamericana, quella world, fino ad arrivare alla canzone tradizionale italiana, nascono pur sempre da una spinta interiore come atto creativo che dà espressione al sentimento. 
Nel corso dei secoli, i musicisti hanno cominciato a dover comporre la loro musica obbedendo sempre più ad esigenze economiche e spesso hanno dovuto cedere a pressioni o ricatti da parte dei loro committenti. Perciò avveniva che, anche se i compositori non dovevano fare i conti con la complessa struttura della società odierna, la musica poteva essere scritta e individualmente fruita per l'occasione per cui era stata composta a livello del singolo o della comunità senza necessariamente essere scaturita da un sentimento personale; ciò distingue la musica che diviene "commerciale", e non sorpassa il suo tempo, da quella del genio che crea un classico che sopravviverà alla sua morte; le composizioni, fino a tutto il 1700 e anche nel 1800, potevano comunque essere riprese o copiate da altri autori non essendoci il copyright, come avvenne ad esempio per le opere di Mozart che spesso venivano eseguite a corte da compositori che se ne appropriavano e le spacciavano per opere scritte da loro stessi.
Oggi, nel tempo che segue la rivoluzione industriale, un musicista si ritrova in una società che consuma ogni genere di cosa e che lo costringe a produrre sempre più e non semplicemente a comporre, come accadeva in passato, magari spinto da un sentimento o da una richiesta di qualche amico committente. La rivoluzione industriale ha contaminato la musica e ha trasformato gli autori in produttori e manager di loro stessi, e per questo si sono anche generati conflitti enormi e battaglie legali sui copyright: basti pensare a quello che si è recentemente concluso relativo ai diritti delle opere di Giacomo Puccini contese dai suoi familiari e che è stato il primo, agli inizi del Novecento, di una serie di processi che poi, nell'era contemporanea, attestano proprio il cambiamento di prospettiva che ha assunto la musica e la produzione musicale tra arte e industria.
Infatti se la musica da sempre è espressione di un sentimento ed è composta sulla spinta di una intuizione profonda e di un sentimento liberatorio oggi tale spinta iniziale creativa deve fare i conti con l'apparato produttivo della società industriale che tutto sottomette alla logica del denaro e del consumo. La rivoluzione industriale tenta di modificare la musica e di trasformarla a sua volta in prodotto di consumo. Nello scontro tra arte e industria moltissimi giovani cantanti sono stati schiacciati e hanno perso la loto vita spesso ad opera di una auto soppressione, scelta come manifesto di una rinuncia in nome dell'arte: Luigi Tenco a Sanremo si suicida, per opporsi alla logica della giuria che non ritiene la sua musica profetica adeguata e quindi lo scarta durante la selezione iniziale. Jeff Buckley firma un contratto massacrante con la Virgin e viene costretto a tournée e concerti che ne minano l'equilibrio emotivo ed egli sceglie, non ha importanza se più o meno consapevolmente, di nuotare vestito nel fiume Mississippi fino a morire per liberarsi di un peso che lo aveva trasformato in un prodotto mediatico e da palcoscenico.
Molti altri nomi famosissimi di giovani cantanti e musicisti ci hanno lasciato, perché suicidi, dopo aver perso la battaglia sostenuta contro un sistema divorante e violento che è poi quello in cui noi viviamo ogni giorno.  La musica deve diventare in prodotto di consumo ed obbedire ai dettami della produzione industriale. Grandi spettacoli, show ed eventi testimoniano tale trasformazione, dagli Mtv Europe Awards, al festival di Sanremo o all'Eurocontest, vinto anni fa da un giovane barbuto ma vestito come una donna. Tutto deve fare anche audience e la moda avvolge i musicisti e li trasforma in produttori di eventi da consumare. Persino l’opera lirica deve adeguarsi al mercato ed ecco allora le rappresentazioni con regie azzardate e incomprensibili, cambiamenti rispetto alle didascalie dei librettisti o arie recitate durante spettacoli che contaminano letteratura e musica, come avvenuto per le opere di Verdi in occasione dell’anniversario del compositore, un evento creato da un agente musicale e ripreso da 80 televisioni in tutto il mondo.  
Nel tempo ciò rischia di incidere sulla qualità della musica che spesso si riduce ad un insieme di melodie ripetitive e prodotte in serie attraverso sintetizzatori o miscelatori di suoni elettronici. La musica oggi spesso non nasce più nemmeno come espressione di un sentimento ma solo come spinta di desiderio di denaro.
Eppure la vera creazione e composizione musicale è l'unica che può sopravvivere alla damnatio del tempo e all’oblio ed è per questo che i grandi musicisti ancora si caratterizzano per la loro originalità, sia nell'esecuzione sia nella composizione di melodie, ritmi o parole. La vera arte musicale dunque rimane legata a stilemi del passato mentre l'industria e il business dominano un mercato fatto di suoni che non avranno memoria. 
Dunque è vero che l'industria ha trasformato certa musica in prodotto commerciale di consumo ma la vera arte può sopravvivere ancora al rumore delle macchine e della tecnologia purché sappia scaturire dalla fonte inesauribile del cuore dell’uomo.

Giulia Cortella

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